Uno dei pregiudizi più duri da sfatare è quello di chl considera la cultura come una cosa noiosa. Desolatamente noioso è invece il mondo-spettacolo in cui viviamo, dove raramente si scopre qualche fiore dell'intelligenza e dell'immaginazione. Sono proprio quelli gli unici spilli divertenti di un gioco raffinato che produce cultura.
Uno di questi spilli, non strombazzato da effimere sirene pubblicitarie, è un delizioso spettacolo organizzato dall'associazione De Sono e messo in scena dal «Gran Teatrino di Marionette La Fede delle Femmine» al Teatro Gianduja dal 18 al 30 maggio.
ln un metro cubo di boccascena Margot Galante Gatrone, Leda Bognolo e Paola Pilla hanno allestito un incrocio triangolare tra musica, poesia e marionette intorno a Hölderlin. Scene di musica e poesia greco-germanica. Beethoven, Mozart, Schönberg e Mahler tramano una storia costruita per frammenti sul tema della pazzia di Hölderlin, esplosa quando il poeta aveva trentacinque anni e sonnecchiante per altri trentotto sino alla morte.
Il testo è taciuto — e lo spettatore può leggerselo nella cartellina di presentazione — per privilegiare gli accordi tra i gesti, le immagini e la musica. La danza dei dervisci intorno al Partenone che crolla nel fuoco, il velario mosso dal vento, il volo lento dell‘aquila, la torre-prigione in cui è rinchiuso il poeta pazzo, la passeggiata in carrozza con un paesaggio di interni che scorre al di là del finestrino, fondali rotanti in cui scorrono nevose montagne, solari colline e il cupo quadro di Friedrich «Abbazia nel bosco delle querce» fondono l'immaginario gotico e romantico della tradizione tedesca con le rovine della classicità greca.
La marionetta di Hölderlin abita fuori o dentro il teatrino? lmprigionata nella gabbia del suo ruolo, questa figurina di stoffa e cartapesta è un frammento d'anima che invia segnali altrove e sembra coltivare una segreta vocazione all‘assoluto. Chi è il vero padrone del filo, manipolatore di un destino che, deformato in senso tragico o grottesco, comunque ci riguarda?
La nostalgia della totalità, la perdita dell'armonia originaria, incarnata nel mito della grecità come fusione di uomo e natura, di io e mondo, trovano un rispecchiamento storico nel crollo delle speranze rivoluzionarie e nel ritorno della reazione. L'ultima scena, in cui Hölderlin accende e spegne con le dita il fiore rosso della poesia, è un luminoso segno di speranza che trova riscontro in quanto scrisse nella prefazione al suo romanzo Iperione: «ci attende un nuovo regno in cui dominerà Ia bellezza».