VENEZIA. Rimane sorprendente e inspiegabile la magia che sprigiona dal piccolo boccascena del Gran Teatrino La Fede delle Femmine, più prossimo allo schermo mediatico che al boccascena di un castello di marionette.
Eppure ogni volta che inizia lo spettacolo si spalanca dinanzi agli occhi dello spettatore uno spazio illimitato in grado di contenere una sconfinata prospettiva di piani rappresentativi, capace di accogliere presenze minuscole e grandiose. Il pupazzo microscopico e il corpo dell’attore.
La compagine veneziana, sempre più apprezzata e ammirata in un ambito nazionale, ritorna nella città lagunare, presentando presso la sede dell’Ateneo Veneto La Grande Bretèche, spettacolo
tratto dal racconto di Honoré de Balzac, su musiche di Gluck, Kurtàg, Rota e Saint-Saens.
Vi si racconta la storia crudele e malinconica di Monsieur e Madame de Merret. L’uomo, insospettito dai rumori che provengono da uno stanzino in camera della moglie, costringe la donna a giurare sulla croce la sua fedeltà; poi, caparbiamente, ordina che sia murata la porta del ripostiglio e rimane venti giorni accanto a lei per sorvegliare il suo comportamento. La visita di un notaio alza il velo sulla dinamica dell’accaduto. La scelta delle tre artiste-registe, Margot Galante Garrone, Paola Pilla e Margherita Beato, che sono anche le artefici dei costumi, dell'efficace illuminazione e dell’esecuzione, è di accompagnare il racconto scenico verso la sfera delle passioni e delle pulsioni dei singoli personaggi, a partire dal mixage delle voci che narrano gli eventi. Nelle ultime realizzazioni del Teatrino è entrato con determinazione l’uso della video proiezione alla stregua di un prolungamento, oltre il fondale, della vicenda che le preziose marionette descrivono in modo immaginativo. Così i filmati, elaborati secondo criteri di alta qualità fotografica, finiscono per assecondare ulteriori piani di lettura, che ora toccano la sfera sentimentale e melodrammatica, ora esaltano il gioco dei travestimenti fino all’ironia. La coesione è determinata dalla musica, che di volta in volta suggerisce il ritmo, determina il susseguirsi di momenti di tensione emotiva, sottolinea alcuni passaggi beffardi e derisori.
La trama si snoda a partire dai temi della parete murata, sulla quale uno spiraglio lascia intravedere la beatitudine di un amore carnale consumato prima, durante e dopo, e della croce, segno di un calvario subito e accetto, voluto e negato, come un amaro calice. L’applauso convinto del pubblico ha premiato la perfetta esecuzione dello spettacolo.